di Michela Guadagno 100_9050

La Giornata Nazionale della Cultura del Vino e dell’Olio istituita dall’Associazione Italiana Sommelier, in tutte le sedi regionali il 18 maggio, in Campania è in memoria di Lucio Mastroberardino, compianto e recentemente scomparso. Siamo al Castello di Taurasi in una giornata nitida, e nei saluti di Antonio Buono, Sindaco di Taurasi, il ricordo «a Lucio che ha speso tanto credendo nella sua “mission“.

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Presidente del Consorzio di tutela già nella fase acuta della malattia, credeva nei due prodotti olio e vino, nonostante le difficoltà a fare forza comune, fondamentale nel fare insieme». Oggi per l’Associazione Italiana Sommelier è la giornata dedicata alla cultura del vino, e i componenti dell’Ais si raccolgono per discutere di cultura in senso allargato, con il prestigio dato alla manifestazione dalla Medaglia di rappresentanza del Presidente Giorgio Napolitano. «Le due parole “vino e cultura”» introduce Nicoletta Gargiulo, presidente Ais Campania «sono veicolate spesso separatamente nei temi più diversi, oggi in tutte le regioni si sta discutendo di cultura. Il banner pubblicitario recita “dal 1965 coltiviamo la cultura del vino”, nell’immagine del vignettista Marini si nota il filare di una vigna che diventa pagina di un libro. L’Ais è indiscutibilmente uno dei più grandi fautori, il nostro compito è comunicare il vino, ma non basta saper degustare per fare comunicazione, spaziamo in altri campi. In Campania come trasmissione della cultura del vino, noi dobbiamo far rumore, accendere i riflettori su temi importanti. Lucio teneva che si facesse gruppo tra di noi espandendo, è il motivo perché poi come Ais abbiamo scelto di raccontare Terredora attraverso le persone che maggiormente l’hanno conosciuto, per raccontare le persone che hanno reso grande la risorsa vino in Campania. E’ venuto a mancare da poco e ha dato tantissimo, lui ha cominciato a far rumore».

Il ricordo di Lucio è presente anche nelle parole di Piero Mastroberardino, dell’omonima azienda Mastroberardino, come un file-rouge per tutta la mattinata: «Ringrazio la sensibilità dell’Ais per la nostra famiglia» continua, «la riflessione che vorrei introdurre oggi con mio cugino Paolo Mastroberardino, con Luigi Moio e con Luciano Pignataro, tra prospettive diverse e forse simili, è che la prima preoccupazione di Lucio era il problema di fare da presidio affinché il potenziale competitivo della filiera irpina non venga erosa. È stata un traino per molto 100_9087tempo, per molti anni di esperienze importanti per dare spinta al piano di comunicazione territoriale ci siamo trovati insieme a ragionare per nuovi impulsi. Il 22 ottobre 2012 già sofferente si fa portavoce del rilancio del Consorzio», la memoria di Lucio affiora dalle parole a tratti commosse del cugino Piero, «negli ultimi mesi era anche cambiato parecchio, sempre avuto toni decisi, battagliero, ha manifestato grande mitezza. In un messaggio corale per la filiera irpina, “attenzione per la proliferazione selvaggia del vigneto” sono le parole di Lucio, questa Irpinia che dalla metà degli anni ’90 triplicava senza chiedersi se i consumatori l’avrebbero assorbita, e oggi si può affermare con nettezza perché l’abbiamo sotto gli occhi. Auspicando una riconduzione “al rumore”, al messaggio chiaro e intellegibile, di contenere atteggiamenti aggressivi di mercato quando il brand di mercato produce una filiera di prezzi vili, l’invito a lavorare per dare maggiore impulso, tutto questo “al fine di costruire un futuro solido nel riguardo delle nostre radici”. Il mondo del vino non è speculativo, se noi riusciamo ad essere coscienti e custodi seguiremo una traccia che Lucio ci ha dato». Paolo Mastroberardino è la persona più vicina a dare una testimonianza personale del fratello con cui ha lavorato negli anni uniti in sinergia con la sorella Daniela e il padre Walter nell’azienda di famiglia Terredora, riprende il tema del discorso dopo un video sul Fiano Terre di Dora, il cru più importante dell’azienda e dedicato nel nome alla madre, «Difficile riprendere i temi, che sono poi pensieri che abbiamo sempre portato avanti come famiglia. Il fattore fondamentale del DNA dei “geni Mastroberardino” è il territorio. La realtà è che dovevamo essere coesi ma non siamo, il mondo della produzione non ha raccolto, è la reazione di coloro i quali rifiutano un futuro diverso. Oggi il territorio non è capace più di far presa, all’estero abbiamo perso valenza rispetto agli altoatesini che sono ritornati attori fondamentali, l’impegno è di tutti se si vuole tornare ad essere presenti. Sono Irpino purosangue e non butto la spugna, ma quando la parola d’ordine che passa in generale è fare cassa, ciò non significa svendere, non si può svendere per riuscire a consolidare». Gli fa eco ancora Piero Mastroberardino: «Sono concetti forti espressi con carattere, se il mio problema è svuotare la cantina con il migliore prezzo possibile, è un controsenso dato dall’ipocrisia di settore. Entri chiunque ma con rispetto alle regole per quello che si è fatto». Luigi Moio interviene sull’argomento con il punto di vista del docente universitario e come imprenditore nella sua azienda irpina Quintodecimo: «Sono onorato di essere qui oggi, sono tante le riflessioni da fare, e sottoscrivo le argomentazioni ascoltate in precedenza», e riporta una lettera del prof. Eugenio Pomarici e rivolta alla memoria di Lucio Mastroberardino: «Un breve ricordo sui temi della politica di settore più ampia, che Lucio esprimeva con passione e intelligenza. “Ripensando alle conversazioni alcuni temi ricorrono, come la responsabilità: Lucio credeva nelle associazioni di settore, benché critico del funzionamento, un sistema forte deve avere solide basi nel vigneto per una vera politica agro-industriale. “Responsabilità anche di noi imprenditori” citando Lucio, che onestà e impegno non vengano offuscate da comportamenti scorretti di pochi. Per rendere giustizia alla visione di Lucio desidero aggiungere che personalmente mi sento debitore nei suoi confronti e moralmente impegnato a valorizzare le idee che abbiamo condiviso”. È stata importante la partecipazione al mondo associativo per portare gli interessi della categoria» riprende il prof. Moio, «un ricordo bellissimo personale fu quando avviai i primi studi sugli aromi della falanghina, e la disponibilità di Terredora che aveva impiantato a Montemiletto. È autorevole come Lucio abbia dato tanto del suo tempo all’associazionismo, il settore gli è debitore sulla trasparenza e sul rigore. Per non mandare in frantumi dovremmo tutti riflettere su questo concetto fondamentale, l’Irpinia ci accomuna, Lucio ci ha lasciato questo monito, “al lamento è preferibile rispondere con il lavoro e con l’impegno”, questo è il solco tracciato». E qui Piero Mastroberardino aggiunge e sottolinea «il grande interesse generale della viticultura sul Fiano, il respiro internazionale di un vitigno dalle caratteristiche adatte ad acclimatarsi in varie condizioni, ma la nostra prospettiva è irpina, per un vitigno che esprime al meglio i suoi caratteri nel rispetto di un suolo e di una cultivar». E pone la domanda a Luciano Pignataro, in veste di giornalista che tanto ha raccontato dello sviluppo vitivinicolo campano, per uno spunto: «Ringrazio l’Ais per l’invito, momenti topici in passaggi in cui è importante poterci essere. Io credo che il tema è la tradizione, ci sono due atteggiamenti, o lungimirante o demolire la tradizione. Da un punto di vista culturale rispetto al passato l’approccio era quello di rubarlo, rileggerlo e riappropriarsene, oggi una delle grandi sconfitte è che tutti possono dire tutto, c’è chi per dimostrare di esistere si inventa una diretta contrapposizione a quello che è stato fatto in precedenza nel Mezzogiorno più radicato. L’Irpinia è sovrappopolata demograficamente, per occupare spazio si fa avanti lo sgomitare legato al tema del mancato rispetto della tradizione e l’incapacità di concepire ciò che è stato fatto da altri come una nostra forza. L’atteggiamento di rispetto non deve essere liturgico ma di studio e attenzione. In Irpinia ho sempre trovato gente impegnata, le novità sono stimolanti a non restare fermi. La grande forza degli Irpini è stata questa, hanno mantenuto sempre questo stile abbarbicato ad uno stile produttivo che distingue i nostri bianchi, questo tipo d’impostazione è il riferimento da cui non si può prescindere. Riassumendo il ruolo storico di Lucio è stato di mantenere la viticultura e l’impostazione, il modo migliore per appropriarsi della tradizione è specializzarsi, non commettere l’errore di cedere alle sirene del mercato. Concludo con una nota di fiducia, perché Lucio aveva fiducia, convinto dal fatto che la Campania sta esprimendosi come vediamo per il 2011 con bianchi che promettono longevità, e che sono bussola regolatrice». Le conclusioni di Piero Mastroberardino danno il «senso di una chiacchierata di estremo interesse perché sostanzialmente vera. Parlare delle prospettive della nostra cultura territoriale, da ricercatore dico gli attori fondamentali sono i cosiddetti shareholders perché il rendimento ricade su chi lo abita e lo vive. Il nostro sforzo è di traino, siamo tutti azionisti di un’area territoriale. L’opera di famiglia si ritrova nella degustazione dei “gioielli” di Terredora, di Lucio, Daniela, Paolo e zio Walter», che di seguito si va a cominciare. Versati tutti i vini, alcune indicazioni da parte di Paolo Mastroberardino sul Fiano CampoRe, dal vigneto di Lapio, tipologia che nasce per surmaturazione per casualità nel 1997. L’annata 2010 ha prodotto uve maturate in forma brillante, dalla formazione di aromi molto complessa, affinato in bottiglia oltre 1 anno e messo in commercio dopo 18 mesi. 100_9008Le degustazioni sono affidate a Nicoletta Gargiulo. Fiano CampoRe 2010 «Cristallino, in maniera intrigante i profumi. Nota fruttata intensa fusa al minerale supportata da frutta esotica, nota di pesca. Floreale di note gialle, macchia mediterranea. Intensità gustativa e netta persistenza, ritornano le note fruttate al gusto, cremosità e morbidezza. L’acidità camuffa l’alcolicità, intenso, persistente, grande eleganza, sapidità». Fin qui la voce di Nicoletta, e concorda anche Luigi Moio che interviene «questo vino è fermentato in legno, le molecole odorose molto legate alla maturazione dell’uva avvicinano al modello Borgogna. Facile ottenere ciò con lo Chardonnay, ma non così con il Fiano. Profumi di tiglio, floreale, perché questa provincia ha qualcosa in più? Per l’escursione termica». Fiano CampoRe 2008 Conferma Paolo Mastroberardino il «picco di miele, grande rotondità e morbidezza. Ho la mia teoria, la somiglianza a figure geometriche: simile a un cilindro, le pareti sono il miele, e ci lascia la perfetta sensazione di tutte le percezioni. Grande personalità». Un paglierino più intenso che vira al dorato. Naso minerale molto netto, nota di mandorla, albicocca, macchia mediterranea verde balsamica. Al gusto minerale secco assoluto, alcolicità integrata, acidità viva e morbidezza rotonda, sapidità, finale in persistenza elegante» le parole di Nicoletta Gargiulo. Fiano CampoRe 2007 Annata2007 a cinque stelle, praticamente precipitazioni idriche inesistenti e molto calda. «Colore oro carico antico intenso, vivezza di colore. Al naso intriga la nota di frutta matura, sensazione di pera, frutta candita, dattero. Fruttato in evoluzione, spezie curry, zafferano, minerale esplosivo, il floreale ancora regge. Gusto secco ma un ritorno di sensazioni dolci, morbidezza vellutata, freschezza lievemente discendente, sapidità, grande qualità e persistenza» commenta la Gargiulo. Ed ecco il Taurasi declinato secondo Terredora, in degustazione tre Taurasi, due provenienti dai vigneti in comune di Lapio, il Fatica Contadina e il CampoRe Riserva dalla parte più antica del vigneto, e poi il Pago dei Fusi da Pietradefusi, prodotto dal 2003. Taurasi Fatica Contadina 2008 «Usciamo dopo 5 vendemmie, le caratteristiche dell’anno 2008, secondo la letteratura, due annate a 5 stelle di seguito non si possono avere, ma non è vero» afferma Mastroberardino, «Lapio ha suolo argilloso mentre Pietradefusi di medio impasto». E prosegue la degustazione la presidente Ais «Bellissima veste rosso granato, buona concentrazione glicerica. Note di frutta in confettura con floreale di rosa carnosa, nota di spezie ma anche intensamente erbaceo, tostatura di cioccolato, caffè, radice di liquirizia. Al gusto discreta morbidezza e freschezza, giustamente ruvido, finale sapido, ben bilanciato, non attualmente ancora equilibrato, piacevolezza nel ritorno naso-bocca di sensazione vegetale, e leggermente fumè». Secondo Luciano Pignataro «stupisce la mancanza di ruffianeria». Taurasi Pago dei Fusi 2007 mentre Paolo spiega «Aggressione all’olfatto, in un terreno l’anticipo di maturazione esprime un’ulteriore grande gentilezza. Rispetto alla parte gustativa i profumi sono tutti in completamento, al gusto la confettura di prugna più nettamente con l’età più si esalta». «Note di confettura di prugna, floreale di violetta, note di eucalipto, spezia dura di china, di goudron. Al gusto quasi niente concede al mercato internazionale, leggero ritorno amaro verso la liquirizia, balsamico, eucalipto, vita lunghissima» le note degustative di Gargiulo. Taurasi CampoRe 2006 Riserva «Il cuore dei Taurasi, la massima espressione a casa nostra per la qualità. Non prodotto in tutte le annate, presentato al mercato dopo 72 mesi di affinamento. È il cuore della vigna vecchia del vigneto. Temperature importanti, è scivolata tutta l’annata tra i 30 e i 35 gradi. Precipitazioni di acqua costanti. Nel bicchiere prodotto complesso concentrato» è la punta d’orgoglio di Terredora. «Al naso meno pungente, meno aggresivo, più composto, ben fuso di fruttato, la nota di prugna in confettura, rose e violetta, spezia più dolce di vaniglia, cannella, cioccolato al latte. Intenso, complesso, elegante, fine. Al gusto secco, caldo, buona la morbidezza, tannino presente, vivo, elegante, un vino che marcia sulle note dell’equilibrio, in bocca cannella, pepe, sapidità e persistenza, piacevolezza e armonia» per un finale di degustazione che rende onore alla produzione dei “gioielli” di Lucio Mastroberardino e di casa Terredora. Le conclusioni di una lunga mattinata affidate all’unisono a Paolo Mastroberardino e a Nicoletta Gargiulo «la matrice comune è la salinità, il gusto non vi ha stancato, nell’aglianico l’evoluzione della marasca, nel 2006 esplosa, cresce con il crescere dell’età».