100_9140 di Michela Guadagno.

È una mattinata di quelle in cui il sole abbraccia la Penisola Sorrentina e le bollicine illuminano l’effervescenza di una terra, la Franciacorta, grazie allo storico lavoro dell’azienda Ca’ del Bosco. E Nicoletta Gargiulo, presidente Ais Campania, invita a raccontare la Franciacorta ad un parterre nutrito di ospiti presenti in sala, tantissimi professionisti del vino giunti a Sorrento da tutta la regione – ristoratori, enotecari, giornalisti, sommelier – per ascoltare “Storie di Franciacorta. Ca’ del Bosco si racconta” all’Hilton Sorrento Palace il 20 maggio, dalla voce del suo patron Maurizio 100_9189Zanella e del suo enologo Stefano Capelli. Per poi raccontare con i sensi di millesimo in millesimo la Cuvée Annamaria Clementi. Maurizio Zanella parla della sua terra lombarda definendola artefice di “una grande squadra”, l’attenzione in sala è rivolta alle sue parole, «Prima del vino si parla di territorio» pronuncia, e continua «le aziende presenti sono in competizione sì ma è una grande squadra che mi onoro di presiedere in Consorzio. Noi siamo in Lombardia in quella parte racchiusa fra tre laghi, il lago di Garda, di Como e d’Iseo, fra circa 19.000 ettari di cui 9.000 destinati all’agricoltura e di questi quasi 3.000 ai vigneti».

L’origine del nome deriva da “Curte francae”, cioè la corte franca di dazio per non far pagare la gabella agli abitanti della zona. «È una terra meravigliosa per un terroir magico, una zona povera legata all’agricoltura dove dalla glaciazione delle Alpi è derivata lasciando il suolo calcareo. La Franciacorta è disseminata di case nobiliari e monasteri, ed il nome è stato portatore di molta fortuna. Ci classificano come zona di grandi imprenditori, ma non è proprio esatto, non ha industrie né cantine sociali, tutte le cantine hanno i propri vigneti. Le nostre tradizioni in termini commerciali sono recenti, 100_9163produciamo da 52 anni. Nel passato, tutti i palazzi nobiliari avevano la vigna ma producevano per autoconsumo, tant’è che nel testo del Gerolamo Conforti del 1570 si parlava di vini “mordaci” perche “mordevano” con l’effervescenza e acidità, ma all’interno di quei palazzi non si è sviluppata produzione». E veniamo alla storia del disciplinare, in tempi più recenti. «Il Franciacorta Pinot è stata la prima Doc in termini territoriali, prodotta con i vitigni Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero, ed il primo disciplinare risale al 1967. Bisognerà attendere nel 1993 il vincolo di produzione con metodo classico, e nel 1995 l’istituzione della Docg. Dal 2003, inoltre, non è più consentita in etichetta la dizione “spumante” o “metodo classico” ma solo “Franciacorta”, la parola ha preso il sopravvento sulla metodologia produttiva; ed infine nel 2008 altre norme più restrittive al disciplinare: 19 i comuni, oltre il Consorzio per avere un ruolo maggiore di tutela e valorizzazione, unendo tutti i comuni a livello urbanistico e sociale. I vitigni sono Chardonnay, Pinot bianco e Pinot nero, tutte le operazioni svolte all’interno della zona stessa. Non si possono usare vendemmiatrici ma c’è l’obbligo di raccolta manuale, la vendemmia può iniziare solo a 9,5° di gradazione alcolica. Nel Satèn c’è l’obbligo di non utilizzare il Pinot nero. Tre le dizioni ammesse e quindi relative tipologie, “Franciacorta”, “Franciacorta rosé” e Franciacorta Satèn”. A confronto tra disciplinari, tempi più lunghi di maturazione sui lieviti. La produzione è cresciuta sia come ettari sia come vendita di bottiglie dal 1967 al 2012. 100_9168L’intenzione di qualificarsi con un prodotto di qualità, siamo la prima zona sia sotto il profilo di qualità che di prezzo medio». Passa poi a parlare dell’azienda «Ca’ del Bosco è un sogno che è nato molti anni fa con la volontà di fare bene, ci sono dei valori imprescindibili, terroir-tradizione-passione-dedizione-fatica-tempo-risorse». La storia in alcune tappe, parte nel 1964 anno in cui la madre compra in collina una casa circondata dal bosco per fare una fattoria, e impiantare anche il vigneto «Il primo vino bianco è del 1972, nel 1975 avremo il rosso, nel ’78 il Brut e il Crémant. Nel 1979 Andrè Dubois viene chiamato come chef de cave, è stato colui che ha portato all’interno di Ca’ del Bosco il rispetto per il vino. È venuto a mancare ma è stato con noi tanti anni, e ha allevato Stefano Capelli, l’attuale enologo. Nel 1980 il Brut da Pinot nero, nell’81 Maurizio Zanella, nell’83 Chardonnay e Pinot nero, nel 1989 il primo millesimo dedicato alla fondatrice dell’azienda – oggi in degustazione – la Cuvée Annamaria Clementi, nel 1990 il Crémant diventa Satèn, nel 2003 il primo Annamaria Clementi rosé». E conclude con un caloroso ringraziamento «Gli uomini danno un contributo straordinario, spesso io sono in giro per il mondo, ma l’attenzione che mi avete rivolta oggi è straordinaria». Stefano Capelli è l’enologo, dirige la parte tecnica. A lui il compito di illustrare la produzione «Ho avuto la fortuna di crescere in Ca’ del Bosco e di entrare da subito nel progetto della volontà che da quelle vigne nasce qualità, con una forte motivazione di proporre qualcosa di nuovo e l’umiltà di raccontare come facciamo il vino. Nessuno ha tenuto traccia dell’atto di trasformare l’uva in vino» prosegue, «e la parola magica della “naturalità” contrasta. Il vino più naturale prima o poi diverrà aceto, tanto più limitiamo ossigeno e batteri tanto prima avremo vino appetibile. Nel percorso di vinificazione tutte le operazioni pre-fermentative sono essenziali per ottenere un grande vino. È tutto raccolto a mano, e tramite decodifica in cassetta per decodificare la vigna d’origine. Eseguiamo il lavaggio delle uve per un vantaggio qualitativo, i microorganismi che si possono sviluppare vengono eliminati. Nell’ammostatura il frazionamento del mosto è diviso in tre qualità, la prima frazione è il 45% del peso dell’uva. Facciamo minimo ricorso alla solfitazione, lavando l’uva non vengono via i lieviti indigeni, ma tra questi lieviti indigeni ci sono i non-saccharomyces e i saccharomyces, i non-saccharomyces avviano la fermentazione ma poi si fermano se non intervengono i saccharomyces: noi abbiamo deciso di aggiungere lieviti selezionati, la nostra forza è di avere trovato un lievito in grado di fermentare senza coprire gli aromi. Con la barrique» spiega inoltre, «riusciamo ad elevare grandi vini, in affinamento sui lieviti dopo la seconda fermentazione. I nostri Franciacorta sono molto longevi». E allora, vediamoli in dettaglio, attraverso le note dell’annata date dall’enologo e l’esperienza degustativa di Nicoletta Gargiulo. Cuvée Annamaria Clementi 2004 La prima annata in degustazione è la 2004, grande profilo aromatico, l’annata ha prodotto grande quantità di grappoli, un anno classico per un grande Franciacorta. Nicoletta Gargiulo prosegue la degustazione: «Naso di frutta esotica, con il citrino che ricorda un limoneto, bergamotto, nota floreale di ginestra. Nota erbacea data dalla nota di rosmarino, molto elegante e sottile di muschio, nota minerale. Percepirei una spezia derivante dal legno, di fragranza come un panino al latte, chiusura di pietra focaia. In bocca è secco, abbastanza caldo non invasivo, morbidezza accennata, fa da padrone la freschezza, la vivacità con buona comparazione della sapidità. La persistenza la spinge l’acidità in questo 2004, per concludere tre parole: puro, pulito, longevo». Cuvée Annamaria Clementi 1999 I mesi estivi hanno raggiunto la più alta piovosità, «immaginiamo 14 anni fa» si esprime Nicoletta, «rispetto al precedente la differenza di fruttato di frutta bianca, mela, pera, arancia candita, sottile percezione di albicocca. Floreale più complesso, di giglio, fusione della nota di fragranza del croissant che si lega al dolce della speziatura che comincia ad essere vaniglia. Farà da corollario anche nelle annate più vecchie. L’erbaceo elegante e composto ricorda aneto e salvia, finale esplosivo nella mineralità di pietra focaia. In bocca ingresso secco asciutto, percezione alcolica più calda. Molto ben fuse freschezza e sapidità, equilibrato, al gusto intenso, ottima la persistenza e qualità. Per la ’99 una sola parola, estrema e spiccata personalità». Gli uvaggi molto simili alle annate precedenti, un pas-dosè sboccato poco fa, nessun tipo di marcatura diversa dal vino base, 13 anni sui lieviti. Cuvée Annamaria Clementi 1995 Contrasta con la ’99. C’è calore, annata più calda e nel periodo estivo stress idrico. Possibilità di fare un prodotto straordinario, nel raccogliere uve a perfetta maturazione, frutto esaltato dalla fermentazione. 17 anni di lieviti, sboccato solo un mese fa, 25% di Pinot bianco in questa annata, scelta di legni di origine francese. «Rispetto alle prime due dobbiamo evidenziare differenze di colore. Paglierino più carico» è la degustazione «a cogliere sfumature olfattive, fruttato di mango e fuso con fruttato più evoluto di mandorla e nocciola, floreale più caldo di fiori gialli. Nota di fiori bianchi, di fiori d’arancio, di biancospino. Nota erbacea di tiglio, spezia più dolce, netta percezione di vaniglia e cioccolato bianco, ricorda la colomba pasquale. Assaggiamo, è secco, più potente, regna la morbidezza che va a dare cremosità, ritorna burro di cacao del cioccolato bianco, fruttato e spezie. Mineralità e persistenza, fra le tre annate va più sulla cremosità, sulla potenza. Annata calda che non ha per niente intaccato la freschezza e la capacità di beva». Cuvée Annamaria Clementi 1989 È la prima annata in cui il vino prende il nome di Cuvée Annamaria Clementi. Annata difficile, simile al 2002 con non pochi problemi dati dalle malattie della vite. Millesimo difficile, c’era Andrè Dubois, nella scheda tecnica 35% Chardonnay, 35% Pinot bianco, 30% Pinot nero, raccolta nella prima settimana di settembre, è la prima annata di Annamaria Clementi con questa etichetta. «Cremosità di spuma persistente, colore dorato vivo dall’ottima luminosità. Esame olfattivo immediato fruttato di frutta candita, il limone e l’albicocca candita, citrino ma dolce, fico in fiore, la nota di frutta secca di arachide. Arriva speziatura dolce sia vaniglia che zafferano, cremosità e dolcezza al naso del burro di cacao, profumo di fave tonka brasiliane, nota minerale diversa di focaia e calcare, qui iodata, salmastra, come ritornare su una banchina al mare dopo una mareggiata, macchia mediterranea. In bocca estrema pulizia, impresse le note dell’equilibrio, secco, caldo, morbido, abbastanza fresco, sapido di corpo equilibrato, intenso e persistente si fonde con cremosità unica, e due cose che si fondono intensità e potenza con la delicatezza, equilibrio e l’armonia, in un vino di 24 anni fa!». Dosare gli uvaggi per supportare il millesimo difficile, la Franciacorta riesce a dare il carattere a questi vini. Cuvée Annamaria Clementi 1985 Annata abbastanza calda, con etichetta oro. Ci fu grande freddo e grande nevicata al nord. Periodo piovoso con grandi uve, qui si sente l’abilità di Andrè Dubois, un terzo Chardonnay, un terzo Pinot bianco e un terzo Pinot nero, 6.500 kg di uva raccolta per ettaro, la malolattica in legno. «Non esprime assolutamente stanchezza, a volte mi ritrovo con vini di pochi anni che già virano verso tonalità diverse, 28 anni non glieli daresti mai» è la degustazione della Gargiulo. «Messo il naso nel bicchiere, viene fuori strudel o torta di mele con crema chantilly, mela elaborata dolce con le spezie, la vaniglia e la cannella, cioccolato bianco, floreale di giglio, erbaceo finocchio e felce, eucalipto, nota balsamica, chiudiamo con minerale di grafite. Lo assaggiamo, due o tre cose a braccetto con il secco, il caldo il morbido e il sapido, abbastanza fresco. Anche qui eleganza gustativa elegante e affascinante, rotondità e cremosità, finezza pura illuminante». Cuvée Annamaria Clementi Rosé 2005 Un’azienda si concentra sul modo di lavorare e nasce lo stile, fragranza d’aroma con mille sfaccettature, millesimi non dosati. Il rosé nuovo millesimo, storia recentissima. Elaborare il frutto, nel 2005 temporali frequenti d’estate, invaiatura ai primi d’agosto, piogge durante la prima raccolta. Il primo millesimo rosé nel 2003, il resto diventò Cuvée Prestige rosé. Tre vigne per la qualità con oltre vent’anni di età, assemblaggio 100% Pinot nero, .rosé de noir. Rifermentazione tre mesi e mezzo, e altri 7 anni sui lieviti, sboccatura in assenza di ossigeno e bassi solfiti, dosaggio 2 g/l extrabrut. «Abbandoniamo il linguaggio del bianco, rosa tenue di fiori di pesco, estrema vivacità e una bella cremosità. Frutti rossi, fragoline di bosco, lampone, floreale di fiori di pesco e piccole roselline, note dolci di cioccolato al latte bianco con interno di frutti rossi. In bocca estremamente fragrante, vivo, all’assaggio pulizia, secco, abbastanza caldo, alcolicità ben dosata, abbastanza morbido. Irruente pungenza, non abbiamo morbidezza, grande vivacità di frutti rossi. Freschezza, Pinot nero esplosivo in bocca, discreta sapidità e giusta persistenza, un’ottima intuizione il rosé, ma chiudiamo con un bambino che esprime la sua potenza in frutto e in fiore di fragranza fresca, netta longevità. L’appuntamento tra 25 anni!» è il commento conclusivo di Nicoletta Gargiulo. 100_9211Conclude Maurizio Zanella con i ringraziamenti «Grazie se siamo riusciti a portarvi ad Erbusco, a differenza delle grandi squadre giochiamo meglio in casa». E i ringraziamenti, doverosi, vanno a Nicoletta e alla squadra dei sommelier campani.